La mia esperienza di riabilitazione con gli amputati vittime di mine antiuomo durante e dopo i conflitti armati
Ft.: Federica Biondi – Handicap International
Ci sono circa 120.000.000 di mine anti-uomo inesplose nel mondo, sono ordigni concepiti e adattati per esplodere semplicemente per la presenza o la prossimità o il contatto di una persona.
Sono quindi azionate per caso dalle vittime, anche molti anni dopo la fine dei conflitti che hanno motivato la loro presenza sul territorio.
I paesi piú minati al mondo all’ora attuale sono: la Cambogia, l’Afganistan, la ex-Jugoslavia e l’Angola.
L’Angola esce ora da 30 anni di conflitto armato: fino al 1975 contro i colonizzatori portoghesi, dopo il 75 per una guerra civile tra le diverse fazioni che avevano animato la guerra di liberazione.
Dopo gli accordi di pace di Bicesse nel 94 che hanno portato a delle elezioni mal organizzate e con scarso controllo internazionale vi é stato un riacutizzarsi del conflitto: più feroce ed esteso anche alle aree urbane; si é giunti così agli accordi di pace di Lusaka tra la MPLA vincitore delle elezioni, che detiene il governo e controlla le zone più urbane e costiere, e l’UNITA guerriglia, dell’interno del paese, più fedele alla vita tradizionale africana.
HANDICAP INTERNATIONAL é stato presente in Angola dall’84 all’89 organizzando e formando il personale di due laboratori ortopedici (Biongue e Cavalica),utilizzando una tecnologia povera (cuoio – legno), adattata, reperibile sul territorio in tutti i suoi componenti.
Dal 1994 HANDICAP INTERNATIONAL é di nuovo presente nel paese africano con un programma ortopedico comprensiva di 4 laboratori ortopedici che producono protesi e canadesi: (Benguela e Lubango in territorio governativo; e Negage e Bailondo in territorio non governativo). Un’attività contro le mine e di appoggio alla demobilizzazione che si svolge sotto l’egida delle Nazioni Unite. Quindi un’azione diretta contro le mine con un programma di formazione allo sminamento, appoggio alla campagna dell’INAROE di sensibilizzazione contro le mine. Inoltre di appoggio per la demobilizzazione delle categorie più vulnerabili di soldati: i soldati handicappati e i soldati bambini.
Il laboratorio ortopedico dove ho lavorato era a Lubango una città a 1800 metri di altezza di circa 500.000 abitanti tra residenti abituali e dislocati a causa del conflitto.
L’ospedale centrale e il nostro centro ortopedico sono i presidi specialistici di riferimento di tre regioni: Huila, Namibe e Cunene.
Ogni settimana si registrano i pazienti :dati anagrafici e i dati dell’esplosione della mina che saranno poi utilizzati da noi o da altre organizzazioni per effettuare un “mapping” delle zone minate.
I pazienti registrati venivano poi valutati dagli infermieri da me formati con mansioni di riabilitazione degli amputati. Si valutavano le ampiezze articolari, la forza muscolare, le condizioni delle parti molli e del moncone; nonché le condizioni generali del paziente e l’equilibrio della colonna vertebrale.
A seconda della presenza o meno di retrazioni muscolari importanti i pazienti venivano depistati per un trattamento pre-protesizzazione standard: che riguarda il lavoro sull’equilibrio, sul rinforzo muscolare esercizi di stretching in gruppo, oppure un trattamento specifico individuale del problema: limitazione articolare, ipotrofia ecc.
Il tutto sempre associato all’insegnamento al paziente stesso e al monitoraggio del bendaggio elastico del moncone atto a modellare il moncone stesso alla ricezione della futura protesi.
Quando i perimetri del moncone erano stabili si inviava il paziente al tecnico che effettuava un negativo in gesso sul moncone, dal quale ricaverà un positivo per poi modellare l’invasatura in polipropilene. Assemblate e montate :l’invasatura, il pilone ed il piede si termina la fabbricazione della protesi.
Il tecnico ed il terapista insieme verificavano l’altezza della protesi indossata dal paziente.
A questo punto inizia il lavoro di insegnamento dell’utilizzo della protesi in statica ed in dinamica, rieducazione della deambulazione su terreno regolare prima ed irregolare poi, con scale, piani inclinati sabbia, terriccio, pietraie, etc. ossia tutti i tipi di ostacoli presenti nell’ambiente in cui l’amputato vive.
Come é evidente la tecnologia attualmente utilizzata in Angola é sicuramente più sofisticata della precedente e necessita di strumentazioni moderne come il forno ad alte temperature, la pompa a vuoto ecc. oltre che una specifica formazione del personale angolano sull’utilizzo di tali materiali.
Le decisioni in merito alle strategia in materia di scelta del materiale e delle tecnologie da utilizzare vengono prese in seno al GCPO un organismo di coordinazione nel quale sono rappresentati gli organi responsabili del servizio di riabilitazione nazionale angolano, la Croce Rossa e tutte le O.N.G. che operano nell’ambito della rieducazione funzionale e la produzione di protesi nel paese.
Tra gli scopi di tale organismo ci sono l’adeguamento degli strumenti e delle tecnologie in tal modo da far sí che qualsiasi protesi prodotta in Angola possa essere riparata o aver delle componenti sostituite, in ognuno dei laboratori ortopedici presenti sul territorio nazionale.
Nel corso dei 6 mesi della mia presenza a Lubango il laboratorio ortopedico é stato in funzione per 5mesi,e sono stati registrati 350 amputati di cui alcuni hanno ricevuto la riparazione della protesi, di altri é la protesi é stata valutata ancora funzionante e circa 100 hanno iniziato e in buona parte ultimato il processo riabilitativo e produttivo della protesi.
Tutto quel che riguarda un argomento come le cifre in un paese con una storia come l’Angola ‘e spesso poco preciso. Ma si parla di circa 70.000 amputati all’ora attuale in Angola e di forse tra i 4 e 40 milioni di mine disseminate nel territorio. Considerando che la vita media di una protesi é di circa 3, 4 o 5 anni e degli innumerevoli futuri incidenti a causa delle mine anti-uomo; di quante iniziative come queste necessita ancora l’Angola?